Conferenza Regionale Sistemi Educativi
8-9 novembre 2014
Quale educazione ambientale ed alla sostenibilità nella scuola che cambia?
Contributo Ticass – Polo Regionale Energia e Ambiente – Prof. Gustavo Capannelli
Il tema dell’educazione ambientale richiede un approfondimento nel quadro dell’evoluzione complessiva a livello geopolitico e tecnico-scientifico generale.
La vastità degli argomenti ad essa collegati e l’oggettiva difficoltà di approccio, generata dalla sua complessità, rischia oggi di banalizzare la riflessione, finalizzandola semplicemente a creare meri “comportamenti” (individuali e collettivi) di attenzione ambientale senza innalzare realmente le competenze tecniche che possono incidere nella prevenzione e gestione dei rischi ambientali.
Il sistema educativo, intendendo con questo anche il sistema della formazione superiore e universitaria, deve in qualche modo superare la logica attuale di approccio alle problematiche ambientali, ancora essenzialmente legata all’analisi del rapporto causa-effetto tra l’azione singola/collettiva e le conseguenze in termini di danni ambientali e pervenire a nuovi modelli formativi.
Con il termine “educazione ambientale” si intende in generale un processo finalizzato a:
Per motivazioni diverse, che è superfluo indicare in questa sede, la riflessione educativa si è principalmente soffermata sui primi tre punti distogliendo l’attenzione dai successivi, che rappresentano tuttavia il segmento essenziale per realizzare concretamente, e in modi qualitativamente e quantitativamente assai più significativi, l’azione di tutela ambientale in prospettiva sostenibile.
Ci si è sostanzialmente dimenticati che “fare educazione ambientale” significa aumentare la cosiddetta “literacy scientifica” di un individuo. Il rapporto Ocse – Pisa la definisce come:
• l’insieme delle conoscenze scientifiche e l’uso di tali conoscenze per identificare domande scientifiche, per acquisire nuove conoscenze, per spiegare fenomeni scientifici e per trarre conclusioni basate sui fatti riguardo a questioni di carattere scientifico;
• la comprensione dei tratti distintivi della scienza intesa come forma di sapere e d’indagine propria degli esseri umani;
• la consapevolezza di come scienza e tecnologia plasmino il nostro ambiente materiale, intellettuale e culturale;
• la volontà di confrontarsi con temi e problemi legati alle scienze, nonché con le idee della scienza, da cittadino che riflette.
Come noto l’Italia non eccelle in quest’ambito, mantenendosi sotto la media Ocse.
E’ quindi strategico interrogarsi sugli strumenti e le modalità per aumentare nei giovani la “consapevolezza di come scienza e tecnologia plasmino il nostro ambiente materiale, intellettuale e culturale”. Questo non solo perché l’educazione ambientale sia ragionata, approfondita e compresa ma anche per “educare” i nostri giovani, non solo ad adottare comportamenti equi rispetto all’ ambiente circostante, ad una “intelligenza” che consideri la scienza e la tecnologia non solo come fattori a disposizione dell’economia (e pertanto direttamente responsabili delle problematiche ambientali) ma come opportunità per rispondere concretamente alla sfida che la conciliazione tra umanità e mondo ci impone.
Educare alla raccolta differenziata, a puro titolo di esempio, non può prescindere da una riflessione (con livelli diversi di approfondimento scientifico) sulla tecnologia di trattamento dei rifiuti: in caso contrario si avrà certamente più materia prima di II livello (rifiuti veicolati verso nuove tipologie di prodotto) ma ugualmente una difficoltà nella gestione del rifiuto finale, soprattutto dal punto di vista sociale, al momento di insediamento di nuove sedi di trattamento.
Non solo. Riflettere su tali tecnologie, che riguardano un mercato potenziale straordinario, può significare aprire una prospettiva formativa e professionale nei nostri giovani che travalica il mero orizzonte formativo per proporre orizzonti ulteriori, legati allo sviluppo personale e collettivo.
E’ interessante quindi soffermarsi sulla figura dell’educatore ambientale, sia che esso operi all’interno di un sistema educativo che formativo, facendo riferimento ai lineamenti tratteggiati all’interno del Repertorio ligure delle figure professionali e alla cui formulazione hanno partecipato funzionari regionali operanti nel settore.
Si parla della figura di Operatore in attività di educazione ambientale e alla sostenibilità.
Nella descrizione delle competenze professionali si evidenziano, tra le altre, le seguenti:
Ci preme in questa sede, riferita al più ampio contesto educativo, sottolineare alcune parole chiave riferite alla capacità di individuare soluzioni progettuali, costruire proposte di sviluppo sostenibile e portare a confronto i vari portatori di interesse locali.
Pur con le dovute modalità, distinte in funzione del target di riferimento e delle sue caratteristiche, appare strategico proseguire nelle “attività di sensibilizzazione verso i temi ambientali, della diffusione delle informazioni e dell’educazione ad una corretta interazione uomo-ambiente e alla sostenibilità ambientale” , come testimoniato dai diversi contributi alla presente Conferenza, ma è necessario altresì avviare un percorso di educazione ambientale che si sforzi di approfondire maggiormente i contenuti tecnico scientifici delle questioni ambientali aperte e delle soluzioni ipotizzate e/o attuate a livello nazionale, europeo e mondiale.
Nel primo caso si creano infatti esclusivamente comportamenti e, in prospettiva, una cultura maggiormente corretta del nostro rapporto con l’ambiente circostante.
Nel secondo caso, oltre ad una cultura della sostenibilità, si creano le conoscenze relative, da un lato, ai fattori di dis-ambientamento attuali e, dall’altro, agli strumenti per gestire, trasformare e riutilizzare in modo socialmente compatibile tali elementi o per individuare strade alternative, ugualmente efficaci.
La prima prospettiva è inoltre tendenzialmente individualistica, rimettendo il “comportamento ambientale” a scelte personali, la seconda è sociale, nella misura in cui tiene conto della necessaria interazione dell’uomo con l’ambiente esterno (che richiede necessariamente un suo “uso”) e delle necessarie scelte che una reale tutela ambientale richiede, ai singoli come alle collettività.
In tale prospettiva sarebbe estremamente utile proporre, a partire dai percorsi educativi rivolti ai giovani, l’affiancamento di un animatore scientifico (uno studente proveniente, ad esempio, dai corsi di laurea in chimica, biologia, ingegneria chimica…) che possa presentare ed illustrare, con differenti livelli di approfondimento a seconda della tipologia di uditorio, anche le problematiche tecnico-scientifiche direttamente collegate ad uno specifico problema di natura ambientale.
In tal modo possiamo sperare di formare adulti che non solo mettano in atto comportamenti adeguati, riducendone complessivamente l’impatto ambientale, ma anche conoscano meglio le problematicità tecniche e i reali effetti degli impianti che è improrogabile avviare per il trattamento dei fattori inquinanti, in generale.
In ultimo potremmo anche favorire scelte di specializzazione formativa, soprattutto universitaria, indirizzate in tale senso, riducendo il gap di ignoranza che si separa da tutti i Paesi europei e da molti altri a livello mondiale.
Concluderei dicendo che la questione ambientale deve trasformarsi, nei nostri ragazzi, da una questione di “cuore” ad una di “testa” , da una sensibilità ad una conoscenza, pur sapendo che senza la prima non è possibile pervenire neppure alla seconda. Mi pare di poter dire che i tempi sono sufficientemente maturi per accogliere questa sfida.
Gustavo Capannelli
Presidente Ticass Scrl
Soggetto gestore del Polo Regionale di Ricerca Energia e Ambiente